Ho inviato ad una delle riviste online con le quali collaboro la mia recensione di Venezia 75 di Antonello Sarno, documentario di apertura della 64. Mostra del Cinema di Venezia. Da quel giorno, le mie 5000 battute sul lavoro di Sarno (sono stato un po' cattivello, e me ne pento in minima percentuale) sono sparite nel nulla. Come risarcimento danni, le pubblico qui di seguito, con qualche ritocco rispetto all'originale. Ci tengo a precisare, per evitare che i soliti bacchettoni mi rompano la testa prima e me la fascino poi quando ormai non c'è più niente da fare, che non ho nulla contro la persona Antonello Sarno anche se, fossi in lui, non andrei a sbandierare in giro per il mondo la mia appartenenza alle fila di Studio Aperto.
Venezia 75, di Antonello Sarno
(di Marco Duse, originariamente scritto il 27 Settembre 2007)
La Mostra del Cinema di Venezia compie 75 anni, eppure è giunta alla sua sessantaquattresima edizione. Per via di questo sfasamento, le occasioni per festeggiare i lustri raddoppiano: l’anno prossimo si farà festa per la 65^ edizione, e la cosa abbrevierà l’attesa dell’ottantesimo compleanno, e così via… Sia come sia, i 75 anni sono un bel traguardo per tutti, mostre comprese, ed è giusto celebrarli come si deve.
Immaginiamo di tornare indietro nel tempo, a pochi mesi prima dell’inizio del festival di quest’anno. Un’agenzia di stampa dirama uno stringato comunicato: "Venezia. Regista prepara documentario in occasione dei 75 anni di Mostra del Cinema". Tutti subito a fantasticare e a chiedersi chi mai potrebbe essere questo regista così famoso ed impalmato da meritare l’onore di aprire le celebrazioni per le nozze di platino: sarà forse Mario Monicelli, che aveva già il lume della ragione quando fu varata la prima Mostra, ed è quindi testimone oculare dell’Italia che cambia assieme al suo cinema? O toccherà a Michelangelo Antonioni tornare alla sua prima passione e raccontare la Mostra come fosse il Mosè di Michelangelo (ma poi Antonioni ci lascia sul più bello, e l’ipotesi svanisce)? O a Dino Risi, anche lui vegliardo ma arzillo, che ha raccontato l’Italia e tutte le sue magagne e potrebbe dipingere gli onnipresenti vips come i "nuovissimi mostri"? E se non c’è Risi, almeno Rosi Francesco, magari con una sorta di docu-fiction-inchiesta stile Il caso Mattei? O magari uno straniero: perché non un sodalizio De Oliveira-Angelopoulos, un film-fiume di dodici ore, da distribuire in edicola in sei comodi fascicoli con DVD? O Robert Altman, che ne farebbe un potentissimo racconto-ricordo corale (ah no, aspetta, anche Altman è morto)? Qualche cinese amico di Muller, che potrebbe finire a sorpresa in concorso con un film sul concorso e portarsi pure a casa il Leone d’Oro? "No, no, no, no, aspetta, ce l’ho io l’idea!", disse un giorno non si sa chi, ma chiunque sia ci deve delle spiegazioni, "il regista sarà Antonello Sarno!" In effetti, Sarno aveva già documentato e festeggiato la sessantesima edizione della Mostra nel 2003, celebrato Sordi e Bersani nel 2004 e 2005 e ricordato a Venezia i 50 anni del premio David di Donatello nel 2006: insomma, un habitué del documentario in laguna che, giusto per non smentirsi, quest’anno ha presentato, oltre a Venezia 75 (che titolo!) anche Enrico LXXV – Lucherini a Venezia, inefficace e gigionesco ritratto del press agent più famoso d’Italia (e tutti, specialmente dopo averlo visto sul grande schermo mentre rideva di cose che capiva solo lui, si chiedono ancora il perché).
In questo Venezia 75 c’è proprio tutto: dal discorso inaugurale del Conte Volpi di Misurata (con l’ormai celeberrima espressione "nessuno eccettuato", forse la più citata della Mostra) a quello di Giulio Andreotti, che promette leggi a favore del cinema nella Costituzione Italiana; dall’orrendo ampliamento del Palazzo del Cinema (naturalmente, al tempo considerata una "bellissima" dependance) ai Leoni alla Carriera a John Ford, Federico Fellini, Clint Eastwood… Il problema è che di questo tutto non resta un granché. Qualche emozione, sì: le elenca tutte con sentito affetto lo stesso Sarno sul blog [Cine]Gossip. Ma il documentario innanzitutto deve documentare, le emozioni verranno da sé (e non con l’uso di musiche enfatiche e sciorinando volti noti di illustri trapassati). Altrimenti si resta al livello della serata di diapositive in famiglia, col rischio di non approfondire e perdere completamente il senso degli unici due momenti davvero interessanti di questo Venezia 75: l’atmosfera delle edizioni di qualche decennio fa, con le star senza puzze sotto il naso che si davano davvero alla gente, che giravano per Venezia, facevano il bagno al Lido e giocavano al casinò (straordinaria l’intervista ad Alberto Sordi uscito al verde dal tavolo verde) ed Ingmar Bergman che si dichiara un regista "finito" data l’ascesa delle tecnologie elettroniche (lui, che poi si darà corpo ed anima alla televisione). Un modo di intendere la notorietà che oggi è morto e sepolto, ed una riflessione sul cinema che nessuna delle conferenze stampa post-proiezione degli ultimi anni ha saputo regalarci. Patetico (nel senso che è più interessato a creare pathos che a raccontare) ed anti-informativo (ai più giovani non viene spiegato chi sono i personaggi più "antichi" che appaiono sullo schermo), Venezia 75 è una parata di ricordi raffazzonata in modo così personale e disorganico da parlare per pochi e a pochi, ai soliti pochi. Si entra in sala, si guarda cercando di dare un nome ed una collocazione spaziotemporale a quanto ci viene mostrato, ed alla fine se ne esce sapendo della Mostra niente di più di quanto se ne sapesse già. Cioè niente, o quasi. Per tutto il resto, c'è (già) Blob.
In questo Venezia 75 c’è proprio tutto: dal discorso inaugurale del Conte Volpi di Misurata (con l’ormai celeberrima espressione "nessuno eccettuato", forse la più citata della Mostra) a quello di Giulio Andreotti, che promette leggi a favore del cinema nella Costituzione Italiana; dall’orrendo ampliamento del Palazzo del Cinema (naturalmente, al tempo considerata una "bellissima" dependance) ai Leoni alla Carriera a John Ford, Federico Fellini, Clint Eastwood… Il problema è che di questo tutto non resta un granché. Qualche emozione, sì: le elenca tutte con sentito affetto lo stesso Sarno sul blog [Cine]Gossip. Ma il documentario innanzitutto deve documentare, le emozioni verranno da sé (e non con l’uso di musiche enfatiche e sciorinando volti noti di illustri trapassati). Altrimenti si resta al livello della serata di diapositive in famiglia, col rischio di non approfondire e perdere completamente il senso degli unici due momenti davvero interessanti di questo Venezia 75: l’atmosfera delle edizioni di qualche decennio fa, con le star senza puzze sotto il naso che si davano davvero alla gente, che giravano per Venezia, facevano il bagno al Lido e giocavano al casinò (straordinaria l’intervista ad Alberto Sordi uscito al verde dal tavolo verde) ed Ingmar Bergman che si dichiara un regista "finito" data l’ascesa delle tecnologie elettroniche (lui, che poi si darà corpo ed anima alla televisione). Un modo di intendere la notorietà che oggi è morto e sepolto, ed una riflessione sul cinema che nessuna delle conferenze stampa post-proiezione degli ultimi anni ha saputo regalarci. Patetico (nel senso che è più interessato a creare pathos che a raccontare) ed anti-informativo (ai più giovani non viene spiegato chi sono i personaggi più "antichi" che appaiono sullo schermo), Venezia 75 è una parata di ricordi raffazzonata in modo così personale e disorganico da parlare per pochi e a pochi, ai soliti pochi. Si entra in sala, si guarda cercando di dare un nome ed una collocazione spaziotemporale a quanto ci viene mostrato, ed alla fine se ne esce sapendo della Mostra niente di più di quanto se ne sapesse già. Cioè niente, o quasi. Per tutto il resto, c'è (già) Blob.
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