L'anno che sta per chiudersi è stato segnato da momenti musicali decisamente belli: i dischi che ho acquistato negli ultimi 12 mesi (ma non necessariamente usciti in questo periodo) hanno riempito me, il mio stereo e le mie orecchie di soddisfazioni. Eccoli, in ordine sparso (aggiornerò questo post periodicamente):
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ROISIN MURPHY
OVERPOWERED
Per tutti coloro che ancora credono che la musica dance sia un fenomeno commerciale dedicato ai ragazzotti che si impasticcano in discoteca... Quest'album dimostra l'esatto contrario: esistono house, funk ed elettronica intelligenti, ben arrangiati, cantati magnificamente, poderosi, energici e autoironici. E stanno tutti qui dentro.
I brani clou: You know me better, Let me know, Movie star, Primitive, Cry baby.
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SIOUXSIE
MANTARAY
A cinquant'anni, Siouxsie si reinventa con questo incommensurabile debutto solista, nel quale riversa, con grande maturità artistica, il suo passato (le tracce dei Banshees e dei Creatures sono evidenti) e lo supera galvanizzata da un'energia superiore: potente, romantico, dark, sarcastico, dolente, elettrizzante, Mantaray può fregiarsi di una amplissima gamma emozionale che, complice la voce di un Virgilio post-punk, conduce l'ascoltatore verso l'esperienza "totale".
I brani clou: Into a swan, Here comes that day, If it doesn't kill you, Drone zone, Heaven and alchemy.
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PORTISHEAD
THIRD
Incontrare una persona dopo 10 anni dall'ultima volta che la si è vista significa, spesso, faticare a riconoscerla. A volte, significa non riconoscerla affatto, eppure scoprire che, sebbene diversa da come ce la ricordavamo, è comunque una bellissima persona. Third non racconta la metamorfosi dei Portishead, ma ne è il risultato finale, il precipitato: non c'è niente in questo disco che ricordi i "vecchi" Portishead, ed è meglio così. Dopo l'ineguagliabile esordio di Dummy, la band di Bristol aveva solo due opzioni: ripetersi o trasformarsi. Si è ripetuta con Portishead, e fu un mezzo disastro. Si è trasformata per Third, ed è un nuovo debutto. Perfido, tagliente, romantico, lunatico, perturbante. Conquista l'ascoltatore al decimo ascolto, trascinandolo nelle acque profonde di un oceano violento e disperato, trafitto da un raggio di sole. Qui lo dico, e non lo nego: è il loro disco migliore. Persino meglio di Dummy. Punto.
I brani clou: sarebbe corretto dire "tutti". Se proprio bisogna scegliere: Hunter, The rip, We carry on, Machine gun, Threads.
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EMILIANA TORRINI
ME AND ARMINI
Il suo "primo" disco (il primo a diffusione internazionale, ma un vero e proprio debutto sotto molti punti di vista), Love in the Time of Science, era un irresistibile concentrato di melodia e melassa elettronica, avvolgente, morbido ma guizzante, struggente nei versi e sorprendente nei suoni. Il disco successivo, Fisherman's Woman, rappresentò la svolta acustica: solo chitarra o poco più, melodie rarefatte cantate in punta di voce. D'autore sì, ma che palle. Questo nuovo Me and Armini mette assieme le cose migliori dei suoi predecessori: canzoni a tutto tondo pensate in "modalità" acustica e arrangiate con gusto elettronico, nel tentativo (quasi sempre riuscito) di far convivere chitarre ed archi con campionatori e drum machines. Lo si ama al primo ascolto, lo si canticchia già al secondo, al terzo diventa un must. Travolgente.
I brani clou: Fireheads, Birds, Ha Ha, Jungle Drum, Gun.
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