venerdì 3 aprile 2009

Ricatti morali cinematografici

Qualche anno fa, mi colpì una recensione di Roberto Pugliese, che definiva "moralmente ricattatorio" il film "Le chiavi di casa" di Gianni Amelio. Chi ha visto il film, può facilmente intuire il perché. Condividevo e condivido l'opinione di Pugliese (che vedrò di rintracciare e postare su queste pagine), ma (che non è un vero "ma") ho scoperto che la sua posizione ha un illustre predecessore. Ecco una pagina del diario di Indro Montanelli, pubblicata in "I conti con me stesso" (Rizzoli).

Roma, 1˚ ottobre 1966. 
Alla sera, mi fanno assistere a una proiezione privata de La battaglia di Algeri di Pontecorvo. A Venezia lo hanno definito, all'unanimità, un grande film e gli hanno dato il Leon d'oro. È invece solo un grande documentario e non meritava nulla. Siamo stufi di questa roba. Non —– come dice qualcuno — perché questi lavori c'impongono «una scelta morale» o ci ricordano corresponsabilità che vorremmo dimenticare. E nemmeno perché siamo nauseati dalle scene di violenza e di sangue. Quello di cui siamo stufi è, molto più semplicemente, il ricatto a cui ci sottopongono. Bella forza fare un film sui campi di concentramento nazisti e sulla rivolta di Algeria. Chi oserà dar torto a un regista che parteggia per i perseguitati? 
Indro Montanelli

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